Videomapping Experience - "Communication fields"




freeze frame - Communication fields - 2017

Ruine

Quando Heidegger, non importa se a ragione o a torto, diede nuova vita alla parola “fenomeno” divenuta ormai esangue, interpretandola come “ciò che si mostra” non pensava affatto alla fenomenicità delle merci pubblicitarie; tuttavia proprio ad esse si adatta la sua interpretazione. Ciò che vuole essere preso “in considerazione” deve mettersi in mostra: il mondo è diventato una “mostra”, un’esposizione pubblicitaria che è impossibile non visitare, perché ci stiamo dentro.
Gunther Anders, L’uomo è antiquato, 1963

Questa accezione di fenomeno è quella che imponendosi negli ultimi anni, ha finito per trasformare definitivamente l’architettura in spettacolo, l’urbanistica in marketing territoriale, l’archeologia in valorizzazione dei beni culturali. Il surplus d’immaginario prodotto dai giganti della comunicazione fa si che tradizioni culturali e identità locali fatichino a permanere vive in un contesto sempre più dominato dalla cultura globale di massa. Allo stesso modo e per lo stesso motivo, le rovine scompaiono dagli orizzonti dell’identità e dell’immaginario, un oblio che è l’anticamera della loro definitiva scomparsa.

Facendo un passo indietro e uno sforzo di comprensione del perché un oggetto diventa rovina, scopriamo che non è mai per caso, ma anzi spesso ognuna delle occasioni in cui un oggetto cade in disuso, abbandono e infine rovina si cela la testimonianza di un processo, di un fenomeno o di un evento che lo ha determinato. Riflettere sulle rovine, vuol dire cercare sulla pelle della città i segni superficiali di fenomeni profondi, che emergono dal passato e dal presente a ricordarci che anche per le cose, come per le persone, c’é sempre un inizio e una fine. È proprio il portato in termini di memoria che può trasformare la rovina in un bene culturale, e cioè in luogo in cui si addensano i valori identitari di una comunità.

Lo strumento del videomapping, in un contesto di ridefinizione delle identità urbane, può essere molto utile. La luce e il suono si possono sovrapporre come un velo sulle rovine e sui paesaggi rovinati e rivelare nuove forme dell’immaginario collettivo, consolidare i valori identitari già condivisi e allo stesso tempo, attraverso la partecipazione delle comunità, addensare nuovi significati urbani con eventi pubblici, in cui l’esperienza collettiva produce nuova memoria e rafforza l’identità delle comunità coinvolte.

Le attività del workshop realizzato per Ruine, sono state distribuite in due momenti, il primo dedicato all’illustrazione ai partecipanti delle tecniche e degli strumenti necessari per realizzare vi istallazioni in videomapping, il secondo di natura più pratica, in cui i partecipanti hanno effettuato soppralluoghi e sperimentato la realizzazione di un prodotto originale.

L’istallazione realizzata dal gruppo, dal titolo “Communication fields”, è ispirata a “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. La capacità di comunicazione tra soggetti diversi e ignoti l’uno all’altro è un processo che va costruito dalle basi. Il primo passo è quello di stabilire uno spazio comune, il secondo la ricerca di un linguaggio immediatamente comprensibile nei suoi elementi di base, ma comunque, per gradi di complessità successivi, in grado di esprimere anche concetti complessi.

tutti i nomi del workshop:
Angelo Cannizzaro, Giorgio Cannizzaro, Angelo di Pietro, Vincenzo Insalaco, Elio Cassarino, Marila Arces, Salvatore Gorgone, Biagio Ferracane, Stefano Lo Curto.

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building experience - Communication fields - 2017
Test T - 2017
Crew - Communication fields - 2017

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